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VIAGGIO NELLA STORIA DELLA LETTERARIA CROTONESE : Antonino Cosco.



In punta di piedi per una sobrietà caratteriale, ma anche come il personaggio del suo primo romanzo Orme di Piedi Scalzi, edito dala Rubettino nel 1994, lAntonino Cosco è stato a cavallo degli ultimi anni del Novecento ed i primi del 2000 uno degli scrittori policastresi più prolissi. Formatosi, prima degli studi universitari in Giurisprudenza nel collegio di Sant'Adriano di Lungro, negli ultimi anni della propria vita ha sommato alla professione forense un inteso approfondimento sulla storia e sull'antropologia del Crotonese. Ad eccezione del saggio L'idea della Giustizia, la sua opera fondamentalmente costituita da romanzi storici che consentono ai suoi lettori di approfondire la conoscenza della propria terra. A nostro parere, lo scrittore petilino Antonino Cosco ha preferito, nonostante alle sue conoscenze e ricerche storiche, la narrativa alla saggistica storica per essere veramente libero dalle rigide regole storiogradiche per approfondire i suoi personaggi, fra i più importanti del Marchesato Crotonese, descritti nell'interiorità ed in uno scavo psicologico che non avrebbe, probabilmente, trovato spazio necessario in un libro di storia. Ciò, almeno, è quanto si può osservare leggendo i romanzi Il Grido della Sibilla, Fuochi Gitani, Andrea Caraffa conte di Santa Severina e Don Antonio Centelles il Marchese di Crotone. Nelle pagine di Antonino Cosco, infatti, i suoi personaggi sono descritti con intensi colpi di cesello, principalmente nella propria interiorità, consentendo ai lettori di conoscerli quasi di persona, pur vivendo a distanza di secoli; amandoli o biasimandoli, proprio com'è possibile fare con i contemporanei. Quella descritta da Antonino Cosco, cui è stata dedicata la Biblioteca Comunale di Petilia Policastro, è una società spesso sofferente come da lunghi secoli è il Crotonese, per un'umanità incapace di conoscersi e migliorarsi. È lui stesso ad evitare nella prefazione del suo primo libro. "Per lunghi anni l'uomo con le sue navi ha setacciato gli spazi celesti, cercando tra i cimiteri di pianeti arsi e il fuoco di astri roventi dei compagni di viaggio, in un popolo fratello oltre i confini del suo spazio. E, tornando ogni volta più solo dai sistemi galattici estranei al concetto umano del tempo, si è reso conto di quanto miseramente piccola ed effimera sia la sua terrestre dimora nel contesto degli spazi infiniti (...) e ancora la forza armata è vittoria: vittoria sul sangue innocente di bambini dilaniati dalle granate, mentre in strada o tra i ruderi delle loro case già distrutte fingono di giocare per distrarre gli stimoli della fame, la vittoria nel massacro di giornalisti che documentano lo strazio e gli orrori col sacro intento di comunicare al mondo la necessità di soccorso e di pace. Di pari passo - continua - il crimine prospera in associazioni organizzate dall'inganno a livello internazionale, dilaniano i giusti e gli onesti, e la corruzione serpeggia ad opera dei mercenari del crimine che, indignities di alte cariche, si occultano dietro la maschera di chi li mostra custodi e garanti di interessi generali". Il personaggio principale di Orme di Piedi Scalzi si chiama, come il primo uomo, Adamo e descrivendo il suo inquieto camminare nel verde solitario della Sila, Antonino Cosco il cercarsi ed il trovarsi di ogni uomo, non in lunghi viaggi, ma nella propria interiorità. Nelle pagine conclusive del romanzo è l'incontro con il Pellegrino , un religioso perfettamente riconoscibile agli abitanti della Sila crotonese che gli dà, quasi come cura, la definizione di quella voce del silenzio la soluzione di tutte le inquietudini umane: "è la voce della verità e del reale - scrive Antonino Cosco - perché nessuno usa il proprio pensiero per mentire a sé stesso. Quella voce silente è ciò che comunemente si chiama sentimento, perché è sentita, ma non sempre espressa. Può essere odio, rimorso, pentimento, compassione, stima, gioia, o dolore e in una sola parola è intima percezione del proprio essere reale, ma soprattutto quella voce è la fede, per mezzo della quale comunichiamo con Dio creatore ed è con la quale la creatura è Dio comunicano tra loro". Con Il Grido della Sibilla, Antonino Cosco descrive la propria passione per la classicità ambientando anche questo romanzo nella Sila, ambiente a lui caro in cui è stato camminatore, cacciatore e raccoglitore di funghi. Nelle pagine del romanzo, dopo aver inutilmente lottato contro la guerra, la discordia è l'egoismo, ancora delusi e perdenti gli Dei si incontrano nel Regno di Pan dove, al loro cospetto, la Sibilla Cumana urla con rabbia i propri responsi e le proprie minacce, condannando la cultura della morte. Contrariamente a quello che potrebbe far pensare il titolo del romanzo, anche queste pagine di Antonino Cosco sono intrise nell'inchiostro della contemporaneità. "Attraverso le tematiche trattate con limpidezza - osserva Franco Filottete Rizza nella prefazione del romanzo - l'autore non si limita all'analisi dei fenomeni e delle forze della natura o alla narrazione pedagogica, solo per far rivivere mitici Personaggi divini che hanno popolato la poesia omerica e le pagine erodotee, ma delinea affascinanti e concrete piste, sulle quali la saggezza del pensiero antico insegue una civiltà, che come a precipizio travolge nella sua corsa i valori umani ". E così, come in molte pagine Antonino Cosco, da romanziere, descrive con veridicità l'umanità e la nostra quotidianità; ricordandoci ancora una volta che personaggi e storie antiche rimangono sempre attuali.

Francesco Rizza

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