Uscire o non uscire: questo è il dilemma".

"Uscire, o non uscire, questo è il dilemma: /se sia più giusto in casa soffrire /colpa di noia e dardi d'oltraggiosa fortuna / o uscir in mascherina contro un mar di positivi". Questo sarebbe stato, molto probabilmente, il soliloquio di un Amleto petilino in questo inizio 2022, magari con in mano un tampone piuttosto che il teschio del buffone Yorick. È una mattanza, un continuo susseguirsi di stati sui social, un incessante flusso di notizie che annunciano positivi delle nostre parti. Da credente, specifico da credente, non ho mai ritenuto possibile l'intervento divino nelle dinamiche umane (e forse è giusto così); penso che ognuno di noi, chi più e chi meno, sia dotato di un certo grado d'intelletto e buon senso. Ecco quel tanto famigerato e detestabile buon senso. Tutti noi, io in primis, non punto certamente il dito, in queste feste non abbiamo avuto certamente un comportamento idoneo alle prescrizioni che ormai conosciamo a memoria. Io, personalmente, ho evitato magari determinate situazioni, sono stato fortunato, un "Io sono Leggenda" locale (almeno per ora), ma tutti siamo stati a rischio. Semplice casualità. Non accetto, quindi, sentir dire "e ma siamo vaccinati", "e ma è festa", "e ma che vuoi che ci faccia un pò di raffreddore", NO! Pensare tutto ciò equivale alla più alta forma di egoismo, la più becera. Affermare ciò è espressione dell'individualismo più estremo, che contrasta nettamente con la voglia di continua socializzazione e condivisione che ha causato ciò a cui stiamo assistendo.. Lungi da me incolpare gestori dei locali, o chi doveva controllare che non si creassero situazioni ideali per il diffondersi del virus. No, assegno la colpa, solo, a noi stessi. Al nostro buon senso portato via nel sacco di Babbo Natale, anche lui fuggito in fretta e furia per paura d'infettarsi.. Nelle prime ondate i nostri compaesani emigrati desideravano tornare per paura di infettarsi, ora succede il contrario. Scappano.È arrivato il momento di fare "mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa". Servirà a ben poco, ma forse la lezione si apprende al meglio quando siamo noi gli esaminati, in prima persona. Apprendo che l'amministrazione comunale ha fatto installare il tendone triage per i tamponi. Bene, anche se non so quanto può servire in una situazione palesemente fuori controllo, in cui l'Asp appare un'entità mitologica, se ne parla ma nessuno la vede. Godot in salsa crotonese. Ma se la tenda può servire ad ammortizzare i costi del tampone per parte della popolazione, che ben venga. Meglio tardi che mai. Petilia Policastro e paesi limitrofi devono diventare zona rossa. Ecco la possibile e unica soluzione..Neppure la Befana deve poter entrare. Questo è l'unico modo. I sindaci devono gridarlo a gran voce, e il presidente Occhiuto deve prestare orecchio a chi vive e sente i bisogni del territorio quotidianamente. Sono sempre stato contrario all'uso del bastone, delle maniere forti; sono un vecchio illuso che crede nella morale comune, nella presa di coscienza di ogni uomo. Ma a mali estremi. Il buon senso esiste, ma spesso se ne sta nascosto per paura del senso comune, per paura della derisione degli sciocchi.Mi dispiace per tutti i miei concittadini e per gli esercizi commerciali, vittime incolpevoli di questa situazione. Ma l'unico modo per poter riaprire è chiudere oggi. Restare aperti sarebbe, d'altronde, deleterio per via della poca gente in circolo: chi ammalato, chi contatto di un positivo o chi, giustamente, per paura evita di mettere piede fuori dalla porta. Petilia è forte, Petilia ha saputo rialzarsi in altre ondate e lo farà anche in quest'occasione, non ho dubbi.. Non so quanto noi petilini, tutti, abbiamo imparato la lezione. Questo ce lo dirà, purtroppo, solo la prossima ondata..Dunque, spero di non doverlo scoprire mai. Forza Petilia e buona guarigione a tutti i miei compaesani positivi."Così i nostri bisogni ci rendon tutti codardi, / e così il colore naturale del buon senso /è reso malsano dalla pallida cera dell'egoismo, / per questa ragione deviam dal nostro corso / e perdiam il nome di azione".
Filippo Gentile