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The Good Mothers, serie televisiva sulle collaboratrici di giustizia, Marisa Garofalo non ci sta.





Anche se un film non deve necessariamente descrivere veritieramente in tutti i particolari la realtà, và giù duro Marisa Garofalo, sorella di Lea martire della lotta contro la 'ndrangheta contro la serie televisiva della Disney “The Good Mothers” che racconta la ribellione di tre donne contro la ‘ndrangheta, non è l’unica a sentirsi offesa dalla narrazione delle prime puntate apparse online ed addirittura annuncia querela. "C' è un tentativo - ritiene - di screditarmi. Da anni sono impegnata a dare un contributo di testimonianza nelle scuole, raccontando la storia di mia sorella Lea. Sono a fianco di chi chiede giustizia e verità e fa antimafia sociale in maniera gratuita. Non so dove siano state prese queste notizie, che sono smentite dagli atti processuali. Sono scene - aggiunge - che non corrispondono alla realtà – dice Marisa Garofalo al Quotidiano – Non sono mai stata mafiosa e non lo sarò mai. Dissi a mia nipote che non ci sarei andata alla festa, e non ci andò neanche lei perché non avevamo nulla da festeggiare. Carlo Cosco non è mai stato a casa mia eppure si vede che irrompe mentre io e mia nipote facciamo colazione". Il contendere è una scena in cui Marisa, nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Lea, viene rappresentata in pelliccia mentre partecipa, in un ristorante con piscina, alla festa per il diciottesimo compleanno della nipote Denise, figlia di Lea, organizzata da Carlo Cosco marito della collaboratrice di giustizia all'ergastolo per l'efferato omicidio di Lea. Nel racconto di Marisa né lei né la nipote Denise che, effettivamente, non appare nel film sono andati alla festa. Per questo ha annunciato di aver già dato mandato al suo legale, l’avvocato Roberto d’Ippolito, per predisporre una denuncia per diffamazione aggravata. Anche la collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce, la cui storia è pure descritta nel film, attraverso la propria legale Michela Scafetta, ha preso le distanze dal racconto esposto nella serie tv premiata alla Berlinale. L’avvocata della collaboratrice di giustizia ha evidenziato che "la signora Pesce si dissocia dalla narrazione della vicenda, in particolar modo per quel che attiene al contenuto dei primi 3 episodi, ove viene riprodotto un personaggio che nulla ha a che vedere con la storia reale della protagonista e con il suo vissuto all’interno della sua famiglia di origine. Peraltro, il padre della signora Pesce viene descritto come un orco e ciò non corrisponde al vero, essendo lo stesso stato sempre amorevole con la figlia e figura di riferimento per la stessa".

Francesco Rizza


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