Si rifletta sugli sfruttati sul lavoro. Dopo la vicenda di Beauty, lo chiede l'Anpi di Catanzaro.

La violenza dell'aggressione soveratese a Beauty malmenata perché voleva essere pagata per il lavoro svolto non sia un semplice quanto grave fatto di cronaca, ma occasione di riflessione sui diritti di persone troppo spesso sfruttate e lasciate al proprio destino; in un oblio indegno della civiltà e della Costituzione italiana. Per fortuna, l'avvocato Filomena Pedullà, legale della ragazza evidenzia che è partita una vera e propria gara di solidarietà con offerte di lavoro e di sostegno quella che è partita nei confronti della giovane nigeriana, madre di una bambina. "Sono tante e si stanno moltiplicando - aggiunge il legale - le offerte di occupazione pervenute per mio tramite a Beauty a distanza di poche ore dalla diffusione della notizia. Un coro di disponibilità, anche immediate, provenienti non solo da questa zona ma anche dal resto della Calabria". A scendere in campo con un comunicato stampa il comitato provinciale di Catanzaro dell'Anpi che ha diffuso un comunicato stampa. "Il copione - si evidenzia nella nota- è sempre lo stesso: l’indignazione del giorno dopo, di breve durata, tra commozione vera e finte solidarietà. Si scoprono i mali della nostra terra all’improvviso, qualche giorno di dibattito poi si ricomincia come sempre, da anni, anzi da decenni. Il gravissimo episodio di Soverato, l’aggressione alla giovane Beauty lascia sgomenti per la sua violenza, verbale, fisica, razzista e anche sessista". Nel prosieguo della nota si aggiunge "proviamo ad andare oltre iniziando col dire che da oltre trent’anni il lavoro – così come concepito nella Carta Costituzionale – è stato svalutato, ridotto a concessione del mercato, subordinato solo ed esclusivamente alle esigenze dei tanti padroni o imprenditori che dir si voglia. Succede sempre più spesso, a causa delle difficoltà economiche di tante persone, di adeguarsi alla precarietà, accettare orari impossibili, accontentarsi di paghe misere in attesa del meglio che però non arriva mai, e poi – come nel caso di Beauty – anche picchiati. La Costituzione fondata sul lavoro, con i suoi articoli a sottolinearne l’importanza per la dignità della persona umana; sul diritto ad una retribuzione adeguata, non solo non è stata attuata ma addirittura calpestata sotto i nostri occhi. Ecco accorgersi nel 21° secolo del caporalato, dello schiavismo nei campi, dello sfruttamento nelle fabbriche. Quante volte abbiamo ascoltato in questi anni di fronte alle morti sul lavoro “mai più”? Quante impegni solenni presi e mai mantenuti ai funerali da ministri e istituzioni varie. Il giorno dopo che fine fanno gli indignati a tempo. Si continua a morire, essere sfruttati e sottopagati come sempre". Ma c'è di più. " Mentre scriviamo si contano 604 morti sul lavoro da inizio anno. Eravamo distratti forse, ma non abbiamo sentito grande commozione per i migranti morti dal caldo nei giorni scorsi addetti a raccogliere la frutta per noi. C’è voluta un’ordinanza per imporre il divieto di lavoro nei campi dalle ore 12.30 alle 16.00 a causa del grande caldo dopo la morte di un agricoltore stroncato dalla fatica mentre lavorava in un agrumeto a Corigliano. Una volta tanto, grazie al coraggio di Beauty, si inizi una battaglia vera e continuativa per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Oltre all’esaltazione della bellezza dei nostri luoghi, alle tante perle della Calabria, i sindaci (senza la solita retorica delle competenze) possono avviare una attività di controllo sui terreni demaniali – quindi pubblici - dati in concessione alle attività balneari per verificare il rispetto dei contratti di lavoro. Sarebbe un modo serio per non vanificare la lotta di Beauty"
Francesco Rizza