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Marchesato Crotonese: che fare?

Aggiornamento: 5 dic 2021

C'era una volta il Marchesato crotonese: qualcosa di più di una realtà geografica ben precisa fra il Medio Jonio calabrese e l'Altopiano silano. Basta pensare, per rendersene conto, a cosa ha lungamente rappresentato non solo in ambito religioso la metropolia di Santa Severina che, nonostante l'ostracismo mal mascherato della Gerarchia ecclesiastica e l'ingerenza normanna e sveva, mantenne a lungo quel Rito greco che non avrebbe dovuto trovare spazio in Occidente dopo lo scisma fra Roma e Costantinopoli del 1059. Economicamente importante da sempre nonostante non riesca ad essere come potrebbe un volano economico l'agricoltura che caratterizza da tempo questo territorio con Roccabernarda dove vengono prodotte eccezionali primizie vendute anche nelle cittadine limitrofe e Cutro che prima ancora di essere la città di un pane gustosissimo che ha ricevuto negli scorsi anni il marchio "Deco" rappresentò con il suo territorio uno dei maggiori granai calabresi. Nel secondo dopo guerra, quando il Sud italiano decise di superare quel latifondismo che neppure Garibaldi aveva sconfitto con i I "Decreti di Rogliano" mentre rivolte si registrarono dal Lazio alla Sicilia furono i "Fatti di Melissa" dell'ottobre 1949 ad evidenziare che si era arrivati ad un punto di ritorno dopo che i Celerini del ministro Scelba spararono sui contadini che avevano occupato "Fragalà" una terra incolta dei baroni Baracco. Ciò grazie a quelle "Camere del Lavoro" e quel Partito Comunista che riuscivano a raccogliere il meglio dell'intellighezia progressista e risultati elettorali che, elezione dopo elezione almeno sino al 1975, raccoglieva percentuali di voto capaci di far "assossire" la Bulgaria. Ultimo momento in cui la popolazione del territorio crotonese fu capace di indignarsi funono, nei primi anni '90, quei "Fuochi di Crotone" che si registrarono quando la Montedison decise di chiudere il proprio Polo chimico di cui rimangono oggi a Crotone solo le fetide scorie velenose seppellite in ogni dove finche nel Castello di Carlo V. Fu allora che accanto al sindco crotonese Carmine Tallarico che sarebbe diventato il primo presidente della Provincia scese fra i lavoratori l'arcivescovo di Crotone e Santa Severina mons. Giuseppe Agostino a ricordare inascoltato alla politica nazionale che "guai a chi regge e mal regge" come aveva già avuto modo di dire al potere San Francesco da Paola.



In questo scenario generale giocò un ruolo culturale e politico quella Petilia Policastro, molto di più di un popoloso centro agricolo ed artigianale in cui anche il Liceo scientifico "Raffaele Lombardi Satriani" particolarmente al tempo della preside Elena Bertonelli giocò un importante ruolo sociale oltre che culturale. Poi anche a causa di "Tangentoli" ma particolarmente di quel relativismo che riuscì a svuotare i partiti da quelle ideologie che sembravano il peggio possibile della politica venendo sostituite da un bipolarismo malato, prevalentemente nelle mani di clan familistici che se di politica hanno ben poco riescono a controllare discrete percentuali di voti. Cos'è oggi il Marchesato crotonese, a nostro parere, purtroppo la brutta e sbiatita copia di sé stessa. Basta pensare ai centri cittadini, dai più grandi ai più piccoli, sempre più spopolati particolarmente dalle nuove generazioni di laureati che partendo per gli studi universitari non fanno più ritorno nelle contrade in cui sono nati ed alle Istituzioni che non riescono a garantire più i diritti minimi come quelli di una sanità e di una viabilità degne di questi nomi. É questo lo scenario in cui da alcune settimane abbiamo iniziato a pubblicare le nostre riflessioni in www.lagoradelmarchesato.it qualcosa di più, almeno nelle nostre intenzioni, di un portale di informazione che guardi a questo nostro territorio che certamente non merita di essere quella periferia che è diventata. Che fare? Lo ammettiamo: Non ci interessa trovare i colpevoli che certamente ci sono, ma proporre qualche soluzione. Ecco perché, dai prossimi giorni, offriremo un luogo di aggregazione laboratorale e di conforto a chi avrà qualcosa da proporre e qualcos'altro da organizzare, nella consapevolezza di ciò che afferma un proverbio calabrese secondo cui "chi ha voce vince il cacio".

Francesco Rizza

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