Luoghi del Crotonese: Altilia, Calabromaria, la Candelora.

L' abbazia di Calabro Maria di Altilia è stato uno dei luoghi di cultura più importanti della Calabria mediana medievale. Fu Polycronio, vescovo di Cerenzia, ad ripristinarla alla fine dell'undicesimo secolo. Il 31 maggio del 1099, Ruggero Borsa, duca d’Italia, Calabria e Sicilia confermò al luogo sacro un ampio territorio aggiungendo 12 once annuali da riscuotere dalle saline di Neto, col solo peso per il monastero di versare tre libbre di cera alla Chiesa di Santa Severina. In seguito, come osserva Andrea Pesavento in uno dei suoi saggi editi nel portale dello. "Archivio Storico Crotonese", "il monastero greco si unì ai Florensi, sotto l’abate Gioacchino da Fiore, ma impoverito e distrutto poco dopo, i Monaci revocarono la precedente decisione e si diedero ai Cistercensi di Santa Maria di Corazzo, dai quali. avevano ricevuto ampia assistenza ed aiuto. Contro le pretese dei Cistercensi, i Florensi chiesero l’aiuto del conte di Santa Severina Pietro il Guiscardo. Il Conte sentenziò in loro favore, ma il decreto, essendo la Sede arcivescovile vacante, trovò l’opposizione del Capitolo composto dai canonici di rito greco, che dovettero recedere perché Petro Guiscardo li minacciò di togliere a loro le mogli, con cui erano legittimamente congiunti. Sorse allora una violenta lite tra Florensi e Cistercensi per il possesso dell’abbazia. La lite fu portata in Roma e quindi rimessa dal Papa Innocenzo III ai vescovi di Squillace e Martorano e all’abate della Sambucina Bernardo".

Dopo una storia lunga e travagliata, nel corso della quale ai momenti di crisi profonda si alternavano a momenti di rinascita, il monastero di Calabro Maria fu sospeso dopo il terremoto del 1783 ed isuoi beni passarono alla Cassa Sacra. Come evidenzia Pesavento, "la chiesa del monastero divenne la nuova chiesa parrocchiale di Altilia, essendo la vecchia chiesiola situata nell’abitato, in abbandono e mancante di “alcune tegole, la porta vecchia ed il suffitto anche vecchio”. Dedicata alla Purificazione di Maria, la chiesa rimarrà da allora la sede della parrocchia di San Tommaso, il cui parroco Vincenzo Verzina ebbe assegnati, come aumento della congrua, alcuni censi enfiteutici e delle vigne, che appartenevano al soppresso monastero. Si deve all’opera del Verzina, parroco originario di San Giovanni in Fiore l’opera di abbellimento della chiesa con la costruzione del nuovo altare maggiore, della fonte battesimale, della pala d’altare". Molto più antica del monastero medievale del Calabrò, la storia di Altilia fra i centri più antichi del Crotonese. "In località Serre - ha scritto Francesco Lopez nel saggio" Profilo storico di Altilia. Il Monastero Calabromaria" (edito nel 2004) - nella parte alta del poggio rivolto a nord est in età propostorica e greco ellenistica un insediamento fortificato, con funzione di vedetta e di controllo sulla bassa valle del Neto. La quasi totalità dei reperti archeologici rinvenuti risulta essere, come ricaviamo dalla relazione di scavo di Pasquale Attianese, inquadrabile tra la seconda metà del IV secolo e la fine del II secolo avanti Cristo. Il frammento più alto cronologicamente è costituito da una parete inferiore a vernice nera lucida, in argilla sottile e ben deputata datato al 320 - 310 avanti Cristo".Collegata al sostrato romano, la festa della Candelora che si svolge ad Altilia con maggiore intensità rispetto anche ai Centri limitrofi, almeno liturgicamente è la memoria della presentazione di Gesù al tempio. Con questa festa si è cristianizzato un rito antichissimo che si celebrava in varie Popolazioni pagane. Il 2 febbraio, giorno di questa festa, è una data posta a metà strada fra il Solstizio d'inverno del 21 dicembre e l'Equinozio di primavera del 21 marzo. Già i Druidi festeggiavano questa festa commemorando l'inizio del ritorno della luce, dedicato alla dea della terra Imbolc. Come osserva Francesco Lopez, fu nel VII secolo che la festa della Candelora assorbì, ovviamente trasformandoli, i riti dei Lupercalia ed anche il culto di Febrarius che era un Dio purificatore della tradizione etrusca identificato come il Dio degli Inferi, Luparco o Plutone. Il 15 febbraio, nella Roma antica, in una grotta nei pressi del Palatino dove, secondo la tradizione, era stato allevato Romolo in onore di Fauno si sacrificavano una capra ed un cane. I Luperci che erano degli uomini travestiti con pelli di animali sacrificati andavano incontro ad una processione di donne, fustigandole con alcune fruste, per propiziarne la fertilità. "La tradizione latina degli uomini lupo - osserva ancora Francesco Lopez - si è conservata in Calabria nella leggenda popolare di Lanatu: un vecchio camuffato da lupo, che con l'avvento del mese di febbraio, uscirebbe dalla tana per vedere che tempo fa. Durante il Medioevo, la festa della purificazione aveva particolare importanza per quelle donne che, desiderose di prole, imploravano l'intercettazione della Vergine. Le candele benedette erano apposte presso il letto ed alle finestre, la sera, in segno di devozione".
Francesco Rizza