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I Turchi ed il medio Jonio calabrese . Ucciali, Sarra Rosa e Caterina Ganguzza.





"Allarmi, Allarmi ‘a campana sona \ li Turchi su arrivati a ra marina \ chi tena scarpe vecchie se risola \ c’avimu fare nu luongu caminu”. Quello delle Inversioni turche e saracene, fra il XV e XVI secolo, fu fra i periodi più tristi per la Calabria e particolarmente per la Costa jonica calabrese. Lo scontro fra la Costa cristiana e quella ottomana che sotto il manto di identità religiose nascondeva interessi politici ed economici in un Mediterraneo, che dal tempo delle Crociate aveva smesso di essere un placido lago fra terre che si abbracciavano da millenni, era diventato un vero e proprio campo di battaglia che si tranwuillizzò, ma senza più trovare la queliete di un tempo, dopo la "Battaglia di Lepanto". Alle scialuppa di soldati si sommavano, come accade in ogni guerra, quella di avventurieri e predatori che approfittavano delle guerre fra i popoli per arricchire i propri averi e sfogare le proprie voglie. E furono numerosi i pirati che attaccarono lungamente le Coste calabresi per fare razzia, spingendosi oltre la battigia sino al l'Entroterra pre silano. Alcuni di questi pirati erano anche dei Calabresi che si erano convertiti all'Islam per trovare quella fortuna che, forse, non avevano ancora trovato. Uno di questi, probabilmente il più noto, fu Giovanni Dionigi Galeani, nativo del borgo di marinai di Le Castella, nel comune di Isola Capo Rizzato, che dopo essere stato rapito giovinetto, diventato musulmano col nome di Ucciali, era diventato corsaro e ammiraglio ottomano, imperversano nel Mediterraneo almeno sino alla battaglia di Lepanto. Mentre in Calabria la sua figura è rimasta leggendaria ed a Costantinopoli era diventata talmente importante che, dopo la sua morte gli venne dedicata, nel quartiere di Calata, la moschea di Kilic Ali Pascia; rimangono ancora oggi poco note le figure di due donne che, proprio come Uccialì subirono l' oltraggio delle prede e della prigionia. I loro nomi sono quelli di Sarra Rosa di Mesoraca e Caterina Ganguzza di Cutro. Erano entrambe due donne bellissime tanto che i Sultani del tempoproposero loro di diventare concubine nella Corte bizantina. Mentre, però, Sarra Rossa per non abiurare la propria fede si fece uccidere, Caterina Ganguzza, visse lungamente nella corte diventando ricca e potente. Durante la sua permanenza a Costantinopoli ebbe modo di conoscere un altro prigioniero calabrese: il domenicano fra’ Tommaso Da Vieti che divenne suo confessore. Quanto doveva essere bella questa Calabrese per poter rimanere cristiana nel luogo simbolo del potere mussulmano? Riscattato dai Domenicani o liberato grazie all’intercessione di Caterina Gangaluzza, il Frate riuscì a ritornare in Calabria ricevendo dalla stessa un’ampia quantità di denaro con il quale, oltre a migliorare il convento di Santa Caterina a Cutro, questo denaro fu utilizzato dalla Provincia domenicana dell’ Italia meridionale per costruire a Napoli un convento che avrebbe dovuto ospitare i Frati anziani nativi della Calabria. Col tempo lo stesso convento, sotto il titolo di Santa Maria della Salute anche grazie ad alcuni privilegi concessi da papa Pio V divenne uno del maggiori conventi domenicani dell’ Italia meridionale.

Francesco Rizza

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